Due Leghe in lotta da quarant’anni fra autonomia ed egemonia
La politica, diceva nella cosiddetta Prima Repubblica il socialista Rino Formica, “è sangue e merda”, concetto meglio articolato dallo stesso politico nell’affermazione: “La politica è per gli uomini il terreno di scontro più duro e più spietato. Si dice che su questo campo ha ragione chi vince, e sa allargare e consolidare il consenso, e che le ingiustizie fanno parte del grande capitolo dei rischi prevedibili e calcolabili”. Se questo era vero in un’epoca in cui ancora erano forti le ideologie nel dibattito politico, lo è tutt’oggi, in un’epoca post-ideologica.
È quello a cui stiamo assistendo all’interno della Lega di Matteo Salvini, partito nazional-populista a capo di un centrodestra sempre più lontano da quello degli anni ’90: cioè alla presunta rivalità fra il capitano Salvini e il governatore del Veneto Luca Zaia, confermato alla guida della Regione alle ultime elezioni con una percentuale che, un tempo, si sarebbe definita “bulgara”: 76,8%.
Il Carroccio, pur presentandosi sin dagli albori come un partito leaderista, guidato in maniera cesaristica del suo padre-padrone, il senatùr Umberto Bossi – a capo di un “partito leninista fondato sul ‘Führerprinzip’” che mai ha permesso il coagularsi di correnti vere e proprie – ha comunque sempre visto al suo interno una certa vivacità. Già quando nacque l’area delle leghe regionaliste settentrionali, fra la fine degli anni ’70 e i primi anni ’80, vi aderirono personalità di formazione e background diverso: chi proveniente da sinistra (dallo stesso Umberto Bossi a Roberto Maroni o Gipo Farassino), chi dai partiti centristi o dall’estrema destra, sia ‘ufficiale’, il Msi, sia extraparlamentare (1); personalità che, co- me documentato più volte in questa rubrica, nel corso dei decenni hanno cercato di costruire un’egemonia culturale, scontrandosi anche con settori moderati e centristi. Scontro testimoniato anche dalla ondivaga posizione su temi chiave come la politica estera, ora putiniana, a tratti anti-sistemica se alla Casa Bianca c’è un democratico, per poi essere al contempo filoamericana e trumpista o neocon. Dunque aree con riferimenti culturali antitetici, ma tutte fedelmente salviniane (2).
La leadership di Matteo Salvini, consolidata e rafforzata dalla onnipresenza televisiva del leader populista milanese sin dal dicembre 2013, sembra ora scricchiolare davanti al nuovo presenzialismo del governatore veneto Luca Zaia. Quest’ultimo, a differenza del segretario del suo partito che dopo un anno di governo col M5S è ritornato all’opposizione, incarna l’etica del ‘fare’, cioè il politico che gestisce il territorio, che fa proprio il pragmatismo – e qui trapela l’evidenza della politica post-ideologica dei nostri giorni – specie ora in epoca di Covid-19.
La ‘guerra’ fra Zaia e Salvini secondo la City inglese…
Generalmente, anche per raggranellare più voti ad personam, è normale che durante le elezioni amministrative, provinciali o regionali, venga presentata una lista civica col nome del candidato alla poltrona in carica, una prassi consolidatasi nella cosiddetta Seconda Repubblica, una delle tante cartine di tornasole di una politica sempre meno legata agli schemi ideologici (eccetto l’ideologia dominante, il pensiero unico liberale, trasversale). È comunque un metro di misura per vedere i rapporti di forza in una determinata coalizione e, nel caso del Veneto, è stata osteggiata dal leader Salvini.
Leggendo questo dispaccio interno al Carroccio, fatto pervenire a tutti i presìdi del partito in giro per il Veneto, sembra che i vertici di via Bellerio stiano dicendo l’ovvio, ma così non è: “Si ribadisce che tutte le sezioni devono fare campagna elettorale solo per la lista Lega”. “È la dimostrazione che Salvini ha una gran paura che la lista di Zaia surclassi quella della Lega”, dice un vecchio colonnello della Liga, fedelissimo del governatore (3).
Una paura, quella di Matteo Salvini, fondata, nonostante “Zaia [sia] stato bossiano con Umberto Bossi, maroniano con Roberto Maroni, ora salviniano con Matteo Salvini, oltre a essere stato anche ‘amico fraterno’ dell’ex sindaco di Verona Flavio Tosi. [È un] uomo per tutte le stagioni?”…
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