Chi è il popolo di Trump? 74 milioni di voti alle ultime presidenziali, 12 milioni in più del 2016: se Trump se n’è andato chi l’ha votato è ancora lì e più numeroso. Viaggio nei fattori decisivi per la scelta del voto, tra livello di scolarizzazione ed ‘etnicizzazione‘ della working class
Nonostante la sconfitta elettorale nelle presidenziali del 3 novembre scorso, l’America non ha abbandonato Trump: The Donald ha ottenuto 74 milioni di voti, 12 milioni in più del 2016 – il che fa di lui il candidato più votato nella storia americana, Joe Biden a parte. Il presidente uscente è riuscito a convincere più del 70% dei suoi elettori (1) che la presidenza gli sia stata sottratta con la frode, e le sue truppe hanno lottato con lui in tribunale, sui media e per le strade fino alla fine, quel 6 gennaio in cui fedelissimi sostenitori hanno preso d’assalto Capitol Hill per impedire che il Congresso ne certificasse la sconfitta. Durante la transition molto si è parlato del rifiuto di Trump di concedere la vittoria, della sua dipendenza dai social media, del suo equilibrio mentale sempre più in bilico, della nuova procedura di impeachement a seguito dei fatti del 6 gennaio, dell’America spaccata in due; ma quasi nessuno si è interrogato sul perché una metà degli americani continui a sostenerlo nel bene e nel male, contro ogni previsione e, a volte, anche contro il proprio interesse.
Dai dati finora disponibili (che non comprendono, purtroppo, un’analisi del voto postale, il cui peso, in questi tempi pandemici, è stato tutt’altro che marginale), le presidenziali del 2020 hanno finito per assomigliare molto a quelle del 2016, in palese controtendenza rispetto ai sondaggi pre-elettorali, tutti solidamente pro Biden. Lo conferma Charles H. Stewart, direttore e fondatore del MIT’s Election Data and Science Lab (2): “Ci sono stati lievi cambiamenti, ma […] molto meno drammatici di quanto ci hanno fatto credere i sondaggi. Semmai, alcune tendenze si sono rafforzate, come la prevalenza del voto Dem fra l’elettorato under 30. In tutti gli altri gruppi di età (30-44, 45-64, 65 e oltre) il divario fra i due contendenti è stato abbastanza ridotto”. Trump ha anche perso un po’ di appeal tra gli elettori a basso reddito, ma l’ex presidente, grazie alla sua politica fiscale, ha guadagnato tra gli elettori con redditi familiari superiori a 100.000 dollari l’anno. Pur non essendoci ancora prove concrete a riguardo, Stewart ritiene che l’aumento dell’affluenza alle urne, al livello più alto mai raggiunto storicamente (3) e determinante per il risultato finale, sia stato alimentato dal voto dei giovani e della comunità latina, due categorie che “storicamente sono state significativamente sotto-rappresentate nell’elettorato” e che hanno scelto in massima parte Biden (con l’eccezione dei giovani maschi bianchi, sostenitori di Donald Trump). Per il resto, poco o nulla è cambiato dal novembre 2016, quando gli USA hanno decretato il successo del presidente più antipolitico della storia americana.
Il voto del 2016
Una delle più grandi sfide che devono affrontare coloro che cercano di capire le elezioni americane è stabilire un ritratto accurato dell’elettorato statunitense e delle sue scelte. Ottenere dati precisi è difficile per tutta una serie di ragioni (fra cui la poca affidabilità degli exit poll), ma il Pew Research Center (un think tank americano apartitico con sede a Washington D.C. che fornisce dati su questioni sociali, opinione pubblica e tendenze demografiche negli Stati Uniti e nel resto del mondo) è riuscito nel 2018 ad arginare il problema introducendo un nuovo approccio, che combina, attraverso una metodologia statistica, i membri del suo panel di ricerca (il National Representative American Trends Panel) con i file degli elettori (che le autorità amministrative rendono disponibili alcuni mesi dopo il voto). Il Pew ha così ottenuto un gruppo di “elettori verificati”, le cui preferenze di voto nel complesso rispecchiano molto da vicino i risultati delle elezioni (4). Intervistando questi elettori verificati è stato possibile realizzare l’analisi più precisa (almeno fino a oggi) delle preferenze di voto in una elezione presidenziale, e la ricerca è divenuta la fonte più attendibile (e più citata) della nuova geografia elettorale USA.
Fra i fattori che sono emersi come fortemente correlati alle decisioni di voto alcuni sono noti da tempo (per esempio l’etnia), altri sono meno intuitivi (per esempio il grado di scolarizzazione)…
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